venerdì 30 dicembre 2011

Intanto, a Mosca.


Una delle regole della netiquette (burp) ci impone di evitare la correzione, in chat o forum, di errori grammaticali altrui. Coosa? Netiquette, non puoi farmi questo. Ho violato, inconsapevolmente, decagrammi di volte questa norma. 
Allora, visto che ho già la coscienza sporca ed è fine anno, passo a violare un'altra regola. Quella sulle discriminazioni.

In tutto il mondo vanno in onda gli episodi del Detective Monk. 
Il personaggio collabora con la polizia, perché in realtà è un ex detective, ed è preda di disturbi ossessivo-compulsivi. Monk ha parecchie fissazioni ed alterna continui tic nervosi. E' la sua peculiarità, e lo rende particolarmente interessante.
In tutto il mondo la serie ha il titolo di "Monk".
In Italia è "Detective Monk". Perché noi abbiamo bisogno di avere le idee chiare a partire dai titoli.
In Giappone "Il Grande Detective Monk". Per un popolo di brevilinei come il loro, chiunque è grande.
Nella Repubblica Ceca è "Il mio amico Monk". Questa apertura mentale mi sfugge, ma mi fa piacere.
In Russia il titolo della serie è "Monk, detective difettoso".
Proprio difettoso, come fosse un frullatore fatto a Tirana.
I russi non vanno tanto per il sottile. Ai russi non gliene frega nulla di ciò che pensano di loro nel resto del mondo.
Il rappresentante di uno dei partiti d'opposizione, tale Udaltsov, è stato arrestato dalla polizia di Mosca per aver attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali. L'hanno condannato a 5 giorni di carcere, durante i quali si è ammalato di non so cosa, ed ora rischia di morire. E non sanno ancora che a volte parla al cellulare in macchina.
Mi piace molto la democrazia di quelle parti. Al confronto Piazza Tahrir è la Città della Domenica. E che diamine, manco ci fosse un ex KGB al governo. I russi sono fatti così. Settant'anni di comunismo non li hanno per niente addolciti. 
Ho capito qualcosa dei russi quando ho visto la loro arte marziale principale. Si chiama Systema. Non si tratta di un attrezzo per gli addominali su mediashopping. Si tratta di botte. Nessun calcio volante, presa del dragone, spazzate. Solo botte. Niente filosofia di base, cinture, dan. Botte a volontà. Date anche lentamente, tra l'altro. Così.
Ma perché oggi ce l'ho coi Russi? Non lo so. Forse perché una mia amica ipovedente ha detto che somiglio a Ivan Drago.
Forse perché le poliziotte non hanno capito come ci si comporta.


O forse perché mi hanno proposto di imparare il russo, a partire da una convenientissima app che mi costerebbe solo € 2,79. 
Ma io non lo voglio imparare, il russo.

с Новым годом.

sabato 24 dicembre 2011

Il post di Natale che non avrei mai voluto (e dovuto) scrivere.


Sabatu, na ballada.
La canzone più venduta, in questo momento, in Italia inizia così. Tra qualche ora queste parole riecheggeranno nelle vostre orecchie. E’ il segnale che il conto alla rovescia verso l’inevitabile declino della società contemporanea è iniziato. Per me è iniziato stamattina.

Se mi vieni incontro con aria compiaciuta da ventottenne fuoricorso da tutto, allargando labbra labellate per mostrarmi tanti denti quanta ipocrisia, e mi allunghi la mano per salutarmi, posso passare sopra al fatto che:
- la tua mano abbia una presa di poco inferiore alla forza che mette la Montalcini per picchiare la donna delle pulizie;
- tu stringa in sostanza solo le mie dita, lasciandoti il palmo della mano a un più confortevole, e poco maschio, stazionamento nella manica della maglietta "arionautica militare";
- la tua mano stia producendo sudore a nastro, come una catena di montaggio di quelle minicar che fanno guidare chi ha un occhio solo, miope;
- l'operazione "stretta di mano" duri alcuni secondi più del dovuto, creando quell'adorabile effetto simpatiche canaglie anni '20 vs. cassius clay;
Ma.
Ma, c'è un ma.
 
Se però senti il bisogno di confessarmi che hai un virus intestinale, che stanotte blabla, ecco, hai qualcosa che non va. Non che io sia ipocondriaco, ma avrei voluto darmi fuoco alla mano, al polso, all'ulna, al radio. Ma soprattutto avrei voluto dare fuoco a te. A te e ai tuoi ormoni della crescita iperanabolizzati.
Per te niente regali di Natale.
Quest'anno volevo comprare solo regali di natale con la scritta "visto in tv" sulla confezione. La mettono come se fosse un pregio. Bè, l'ho visto in tv, dev'essere per forza di qualità. Come quelli che "ma stava su google". Oppure, "Facebook in rivolta contro il razzismo".
Allora ho cercato i "visto in tv". La cosa più interessante era un dispositivo che toglie i peli superflui grazie a dei flash. Pare che sia utilissimo. Certo, come l'elettrostimolatore che comprai dieci anni fa. Il braccio destro mi scattava ogni 2 secondi, anche ad apparecchio spento. La pancia si era indurita. Mentre un crampo mi perforava il polpaccio. Anche quello era un "visto in tv".
E allora i regali di Natale saranno questi:

Insegna a tuo figlio come scontrarsi con le più pericolose cosche mafiose d'Italia. All'interno una testa di pony mozzata ed un simpatico pilone in cemento scala 1:1000 nel quale inserire i tuoi personaggi preferiti.



Per rinvigorire il rapporto con il partner, per Lei, la collezione "Animali", sei simpatici cavalli che si ingroppano a vicenda, per stuzzicare le fantasie erotiche che il tuo uomo riserva solo alle vogliose milf di youjizz.


Se la tua donna preferisce le riunioni Tupperware ad un tête-à-tête col suo uomo, per Lui, i pratici sacchetti profumati, utili, almeno, a ritemprare l'olfatto.

Al momento ho esaurito le protesi in seno made in France, quindi rischio di restare a mani vuote. Per tutti, però, ho un pensierino. Eccolo. Buone feste.

venerdì 16 dicembre 2011

Il bue, l'asinello, l'analista e i looney tunes.


"Stai benissimo con questa pettinatura, cara"
"Dici? a me sembra un po' antiquata"
"Beeello 'sto vestito. Dove l'hai preso?"
"Questo? Ce l'ho da setteotto anni. Non mi piaceva neanche. Ora va."

Non è granché il livello, lo so.
Ma è quello che mi tocca ascoltare da mane a sera.
L'alternativa sarebbe leggere gli appelli dei programmatori di wikipedia. Ryan, Ron, Kurt, tagliate i capelli, dài.

Poi c'è Transfert.
Transfert è il mio Collega. Con la C maiuscola.
Nel percorso di reincarnazione, Sigmund Freud, morto nel 1939, è rinato come figlio di una sua paziente schizofrenica. Questo uomo è a sua volta morto di cirrosi nel 1984, reincarnandosi in un pincher, travolto due anni dopo da un'Arna verde all'altezza di Colfiorito. Lo sfortunato cane si è, dunque, reincarnato in Transfert, il mio Collega.

Tutti lo conosciamo, Transfert, anche tu che mi leggi per la prima volta, pervaso da quel senso di "ma che cazzo scrive questo?" che poi diventerà un "bah" 9 righe più giù. Non temere, sarà un pessimo Natale anche per te.
Transfert, dicevo.
Interpreta i sogni, anche se non glielo chiedi. Cerca di interpretarti anche i pensieri. Sicuramente i concetti espressi a metà.
Io odio l'interpretazione dei sogni.
"Sogno spesso delle porte in legno"
"Sognare porte indica una fase di passaggio che non riesce a completarsi. Il corpo chiede cautela, la mente è meno timorosa. Non riesci a chiudere una questione aperta, pur consapevole che oltre c'è qualcosa che ti aspetta"
"Ma io veramente faccio il falegname"
"Non c'entra"
"Ah."
Ecco com'è Transfert.
 
Capita di rado in ufficio, ma desidereresti per lui un precariato ancor più penalizzante.
"Buongiorno, capo"
"Ora sono impegnato"
"Dimmi: preferisci l'acceleratore o il freno?"
"Ma che domande sono?"
"Dimmelo"
"Il freno"
"Questa risposta indica una vita votata al non esaudire i tuoi desideri. Tu freni, anziché accelerare, perché temi il rischio"
"Ma non hai altro da fare?"
"La tua aggressività è la peculiarità delle personalità ambigue. Sei un gemelli, vero?"
"Vattene"
"Ascendente? Scommetto sagittario, vista l'irritabilità. Cosa mi dici?"
"Che se non te ne vai, prego per noi peccatori e mi pento di ciò che mi appresto a fare"
"E' inutile che cerchi di graffiarmi. Come dice la bella canarina Titti -mi è semblato di vedele un gatto!- ihihih!"
"Titti è maschio, idiota"
Non dovevo dirglielo. Almeno non sotto Natale.
E' andato via in lacrime.

giovedì 8 dicembre 2011

Giù Porn


I miei vicini di casa hanno deciso di avere un altro figlio. L'ho saputo rientrando in casa alla pausa pranzo del martedì. No, non ho incontrato lui in ascensore, né lei alle prese coi volantini dell'ennesimo discount ad intasare la cassetta della pubblicità. Li ho semplicemente ascoltati, mio malgrado, senza neanche il bisogno di appoggiare l'orecchio alla parete della sala. Erano circa 5 anni che non avevo questo piacere. Gatti scuoiati. Lui si mantiene sul mugugno da primate, ed immagino inarchi le labbra mentre la fronte madida gli impedisce di mettere a fuoco la scena laocoontica. Lei è un'artista. Senza ombra di dubbio. Non so dove abbia studiato, ma è proprio brava. Non si capisce bene quello che dice, ma si capisce bene cosa stia facendo, soprattutto come. Inizia a bassi ritmi, ma cresce rapidamente, a cadenza di 60/70 colpi al minuto, per la durata di un quarto d'ora buono. Geme, afferma, conferma. Si ferma. Riparte. Utilizza tutte le vocali. La "u" un po' meno. Infatti vale 3 punti. Nel mezzo si possono anche ascoltare rumori di sottofondo tipici: piedi di tavolo che si muovono, testate del letto che sbattono al muro, testate di lui che sbattono su di lei. Una volta udimmo un chiaro "ahia!", a cui seguì un rumore come di oblò di lavatrice che si chiudeva. Dev'essere stata la famosa posizione della centrifuga.
Tutto ebbe inizio nel lontano 2005. Avevamo da poco comprato casa, e mia moglie decide di invitare ospiti per un tè pomeridiano. Una fetta di crostata all'albicocca, una manciata di biscottini in pasta frolla, una chiacchierata sui massimi sistemi, due convenevoli. Tra dicerìe sulle proprietà del tè nero e un aneddoto sulla Tunisia, d'un tratto dal piano disotto arriva quello che sembra l'audio smodato di un porno di serie B: ouverture di molle permaflex e gemiti esteuropei. Gli ospiti si guardano, ci guardano. Io provo a coprire il tutto con colpi di tosse, ma non ce la faccio. Poi chiudo: "In questo condominio si fa molto all'amore". E continuiamo a chiacchierare, come se niente fosse, noncuranti dell'amplesso libero, senza freni, umido, che si stava consumando al piano terra. Durò tutto qualche mese. All'ora di pranzo, prima di cena, a notte fonda. Alla fine riuscirono a concepire un riccioluto bambino. E finì il sesso selvaggio e schiamazzato. Più nulla. Fino a martedì scorso, quando è riemerso dall'oblìo il Condominio dell'Amore.
 

 Il Livello audio è questo.

venerdì 2 dicembre 2011

Rinchiuso in casa a prendere appunti, mentre fuori impazza la tisanoreica




nella foto: la seconda fase

Costantemente compro lavagnette e bacheche in sughero. Sento l'impellente bisogno di appuntarmi cose, fatti, appuntamenti. Ma il proposito dura un battito d'ali. Puntualmente disattendo tutto, perdendomi tra post-it ed appunti sparpagliati. Le mie tasche, un tempo pullulanti di biglietti del treno tagliuzzati e monete di basso valore, vanno pian piano riempiendosi di sigle e note. Cosa vorranno dire? Al momento dell'appunto ero sicuro del loro significato. Ora no. Un po' come la mia rubrica del cellulare. Marco 320-2568***. Marco 335-2124***. Marco 349-5589***. Perfetto. Sono un genio della catalogazione. Avrei bisogno, è indubbio, di dotarmi di un metodo efficace per gestire tali informazioni. (se solo la vicina di casa potesse sminuzzare il supporto magnetico con voce di Antonacci che urla in questo momento, potrei sicuramente fare meglio. Ma il suo cuore è elastico, quando spinge troppo in fondo, restituisce. Ma cosa abbiamo fatto di male?).

Ora ho deciso di comprare un'agenda. Lo faccio ogni fine d'anno e poi mi fermo al mese di febbraio. “comprare switch”. “scaricare Always on my mind”. “chiamare Marco”. Marco chi? E siamo punto e a capo.
Parto dall'anagrafica. Siamo alle solite. Numero del passaporto: non ce l'ho. Numero della patente: ora è al piano di sotto, lo cerco dopo. Gruppo sanguigno: ….mmmh........ zero qualcosa. 

Primo appunto: cercare ultime analisi del sangue per estrapolare gruppo sanguigno. Tre anni fa. 

Secondo appunto: rifare analisi del sangue.
Indirizzo email: quale ci metto, ora? Quello puttana che ho fatto nel '98 ed è ora la terra di nessuno, tra peni da enlargare, rolex a 20 euro e proposte di lavoro dall'Azeirbagian? Oppure quello istituzionale? O quello segreto, talmente segreto che non mi ricordo più la password?

Segni particolari: aiuto. Odio definirmi. Poi, su un'agenda. Preferisco lo facciano gli altri. Si, ma gli altri chi?

Terzo appunto: individuare esseri umani in grado di descrivermi. Ma non solo per l'agenda, che tanto dalla metà di febbraio prenderà polvere tra il caricabatterie di 5 telefoni fa e la vecchia pipa di papà.

In realtà ho scoperto per quale motivo devo trovare qualcuno che mi possa definire. I casi sono due.
Uno. Mi macchio di un aberrante crimine: in questo caso credo di aver individuato nella signora che si occupa delle pulizie nell’ufficio un’ottima intervistata da tg. “Mi sembrava un brav’uomo. Sempre sorridente. Mai visto nervoso. Io non ci credo ancora”. Questo direbbe, sono certo. Ecco, ad ogni modo, devo istruire lei. Perché è importante, in questi casi, ciò che emerge dai tg. Più di quello che risulta nei tribunali. Appunto: la signora delle pulizie darà la mia definizione all’Italia, in caso di crimine da me commesso.
Due. Mi ammazzano, in modalità cruenta: in tal ipotesi, scelgo il barista. Quello innamorato della mia collega bionda. Con la scusa di poterla vedere, ogni mattina, mi dà confidenza e scambiamo due chiacchiere su politica/cultura/hobby e sport. Siamo diventati amici mattutini. “E’ pazzesco, ancora non me ne capacito. Non se lo meritava. Una persona buona”. Le sue parole, più o meno, sarebbero queste. Sinceramente commosso, anche per il mancato incasso di circa 30 euro al mese.

Credo che così se ne possa uscire dignitosamente. Definito a metà tg da un semisconosciuto quasi in lacrime. Che uscita. Male che vada, nel caso non dovessero trovare nessuno, possono sempre chiedere notizie particolari a qualche mio amico. Tipo Marco.