Le parole sono importanti. Ci dicono ciò che siamo. E ciò che sono gli altri.
Se dovessi stilare una personale classifica delle parole che sento più spesso, sono costretto a dividerle per ambiente.
A casa la spunta un'interiezione onomatopeica. Speravo nell'aiuto dell'etimologia, ma è solo un suono trasformato in parola. Una parola buffa. Anzi, uno sbuffo. Nella mia abitazione la fa da padrona Uffa. Nella versione Husband 2.0.
Per il Sabatini Colletti la parola non esiste, Saperepuntoit non ha idea di cosa significhi, Treccanipuntoit mi ha anche guardato storto quando l'ho cercata.
E' la Hoepli, finalmente, che mi dà soddisfazione, quando iniziavo a pensare al complotto plutogiudaico. Uff, uffa, auff, auffa, sono interiezioni che esprimono noia, impazienza, fastidio e similaria.
Hoepli avrebbe dovuto mettere anche la foto della mia Signora, ma ella non ha dato l'autorizzazione. Sarebbe bastata anche una Gif. E' molto brava nell'arte dell'Uffa. Prende una rincorsa polmonare a pieno regime, alcuni metricubi d'aria, e poi espira lungamente, cercando di rendere partecipi tutti gli astanti, che in casa nostra, spesso sono solo io. Quando è in forma, le labbra si esibiscono in un vibrato ancora più efficace. In particolari periodi di forma, come i 25 giorni di crisi premestruale, l'Uffa è attivo anche durante il sonno.
Sul posto di lavoro non c'è gara: la parola che regna è Cioè. In ufficio è tutto Cioè. Ogni concetto, filosofia, richiesta, presa di posizione, riflessione, valutazione, ipotesi, ponderazione è preceduto da un Cioè. Alle volte è un Cioè singolo, senza mezze misure, isolato. Un Cioè dice tutto, in ufficio. Un Cioè è per sempre.
Quando il collega è preparato, il Cioè è seguito da un esplicativo “ma ti rendi conto?”. In questi casi, a mo' di richiamo, arrivano anche gli altri colleghi, come le upupe attirate dal plurifon. Si forma il capannello. Tutti in attesa di sapere di cosa mi debba rendere conto. Tutti, tranne il sottoscritto.
L'ultima incredibile notizia Cioèed riguardava un collega di un'altra filiale, che raccontava di essere tornato a casa, nel pomeriggio del giorno prima, e di essersi seduto sulla sua poltrona. Da quel momento in poi non ricorda nulla, se non vaghi istanti di esperienza extracorporea, intervallati da lunghi periodi di buio totale. Fin quando, qualche ora dopo, non è giunta sul luogo del fenomeno paranormale la figlia, preoccupata dal fatto che il padre non rispondesse al telefono. C'era chi diceva “Cioè, sarà stato un breve coma”, e chi, più pacatamente sosteneva “Cioè, esistono anche casi di morte apparente”. Qualcuno cercava di chiosare, con un solenne “Cioè, ma ti rendi conto? Torno a casa e per alcune ore mi assento e non ricordo più nulla.” La tensione si tagliava con il tailleurino. Il capannello era sempre più fitto. Il risorto guardava nel vuoto, mentre le veroniche tentavano di asciugarne la fronte madida.
Poi sono intervenuto io. Avrei dovuto sfoggiare il Cioè, passpartout per ogni ascolto sicuro. Ma non ce l'ho fatta. Non ce la faccio. Chiamatemi radical chic. Chiamatemi snob. Chiamatemi signor Ettore. Ma il Cioè, no.
Non mi sono neanche dovuto fare spazio tra le genti. Oramai l'immagine della folla era da Cappella degli Scrovegni. Si era in adorazione, c'erano solo sospiri e ammirazione. C'è stata una sola parola, la mia: “Franco, ma non è che ti sei messo sulla poltrona e ti sei semplicemente addormentato, profondamente, per 3 ore? Sai, si chiama sonno. Per dire”.
Si, era esattamente successo questo. Ma la gente vuole la Storia, il Mito, il Mistero, l'Ignoto, Voyager, l'Imperscrutabile.
Cioè, ma vi rendete conto?
sonno improvviso. soNNo cose che succedono. letargia. cioè.
RispondiEliminaCiò è riproducibile sul mio posto di lavoro, uffa.
RispondiEliminauffa lo uso pure io. a scuola. quotidianamente.
RispondiEliminacon eric. con matteo. con nicholas. con kevin. con nicole. con luca.
ma io mio è più: ùfaaaaaa.
trovo insopportabile:
l'assolutamente + sì/no.
il quantunque.
il piuttosto che.
ecco proprio quello che vorrei io, sonno profondo, "che culo" come dite voi
RispondiEliminain ufficio la parole d'ordine è "che du marron" e credo che dovrò farmi operare
a casa è "via via " (questi pidocchi)
Nulla togliere alla tua signora, ma "uffa" è una parola che tante donne dicono spesso e volentieri. Non che la colpa sia di noi uomini, no no no. è che son donne, e devon lamentarsi della loro noia in modo perpetuo e costante.
RispondiEliminaLa parola che dico più spesso è "tette.".
amo le tette.
Ma vi rendete conto che uno, stanco, di notte, si legge tutto sto malloppone nella speranza di un accenno, un accostamento fugace a quello che ogni umano maschio principalmente brama per poi arrivare alla fine stanco e deluso, ma cioè
RispondiEliminadico io
Ti amo signor Ettore.
RispondiEliminaCioè,lo faccio anche io ogni tanto,perchè....Cioè,quando non riesco a spiegarmi tipo adesso...Ufffffa.
Cioè...Non sai quanto ho riso leggendo tutto questo!
fuffa
RispondiElimina@ gateau: letargia canaglia.
RispondiElimina@ web: tutto il mondo l'è paese :)
@ ciku: trovi insopportabile il mio direttore generale.
@ Diz: "via via" mi sa sempre di Conte. lavori con lui?
@ emix: si, ma quando te lo fanno udire (o ti colpiscono con lo sbuffo, è per farti sentire in colpa. tette.
RispondiElimina@ frac: dici bene tu.
@ pussytUdine: si, ma il tuo uffa è un broncio simpatico, non un'arma nucleare al quadro XI. :)
@ ubic: muffa.
Più parli di quello che succede nel tuo ufficio, più sospetto che sia la sede della mia filiale (la sede della mia filiale?!? Ma si dice? Vabbè, ormai l'ho detto) e che tu sia QUELL' Ettore, ma se sei QUELL'Ettore, per favore, meno stronzo al telefono la prossima volta che mi serve un'informazione, ok?!?!?!?!?
RispondiEliminaEh magari, ogni tanto lo ascolto... ma sai che i pidocchi oggi come oggi non vanno più via ? Mi è rimasto il domatore o lo psicologo...
RispondiElimina@D. come ti capisco. a scuola le classi pullulano. ormai tocco i bambini con un bastone.
RispondiEliminaAttendo un post sul celebre intercalare da interrogazione scolastica "praticamente".
RispondiEliminaè come parlare di brokeback mountain ad un gaybar dove servono ciambellette all'anice.
RispondiEliminascontatissimo.
uffa pero.
Però Uffa lo leggi sempre su Cioè.
RispondiElimina@ van: non sono quell'Ettore.
RispondiElimina@ D.& ciku: come non vanno più via? il Cruz verde non esiste più?
@ lipes: eravamo un po' tutti dei piccoli renato pozzetto. ricordo.
@ satira: ho pensato a questa cosa quando ho scritto il post. ed anche che avevo esaurito i miei punti nectar. andrò a comprare altre 4 copie del tuo libro.
@ peppe: più su Cioè che su Mattissimo.
dopo uffa e cioè, non ci sta affatto male - ma de che stamo a parlà - tanto si sa che le cose vanno così...(per le classiche vittime del classico 'sistema' del cazzo proprio non sopporto)
RispondiEliminaNo, ti chiamerò semplicemente "persona intelligente".
RispondiEliminaA volte il mio "Uffa" può essere molto disarmante!! :)
RispondiEliminaScusa...Ti scrivo perchè sto ancora ridendo dopo che, qualche minuto fa, ho cliccato sulla "F" di Facebook qua sopra..!!
Geniale!