lunedì 25 aprile 2011

Serbo Rancore


C’è un ristretto gruppo di terrestri, che ho incrociato in questi anni, che hanno veramente esagerato con me. Sono quelli che non hanno giustificazioni.
Non che mi auguri il loro male, ma neanche alcuna cosa positiva. E riguarda solo loro. Non voglio coinvolgere nessun parente, nessun amico di famiglia. Mi rivolgo solo a loro, dio delle città. 
N. è uno di questi.

Ci fece aspettare più di un mese per dirci se la casa in affitto fosse libera o no. L’avevamo vista, alle nove di sera alla luce di una torcia, e ci era sembrata graziosa. Ecco, graziosa fu il termine che usammo. Eravamo con l’acqua alla gola, alla ricerca di un appartamento. Quando si è in difficoltà, si vedono le cose con occhi differenti. Le forme mutano, i colori si vivacizzano, si vede chiaro laddove c’è fuliggine, trasparente nello smerigliato. In quel periodo ero un neolaureato con contratto di collaborazione coordinata e continuativa. La mia ragazza, commessa e studentessa universitaria. Un discreto, precario, reddito. Quei 50 metri quadri erano un sogno.

Prima della nostra, N. aveva dovuto vagliare una serie di richieste, e fatto le opportune verifiche circa le mie referenze. Aveva telefonato in ufficio, si era informato per bene. Un collega di un’altra filiale, una specie di Robin Williams in notevole sovrappeso, aveva speso qualche buona parola per me. Lo stesso dicasi per le verifiche al supermercato. Neanche l’Agenzia delle Entrate usa tanto scrupolo.

Dopo 30 giorni di indagini, finalmente, mi arriva la chiamata e le sospirate chiavi. L’appartamento, in una palazzina a due piani, era a circa 50 cm. sotto il livello del mare. Il gatto non riusciva a trovare una posizione per dormire che fosse degna di questo nome. Dovevamo capirlo subito che c’era qualcosa che non andava. La carta da parati in sala era stata applicata da poco. Perché qualcuno doveva attaccare mq di fogli al muro per poi andare via? La macchia di umidità diametro 60 confermò le prime timide risposte. Dal soffitto, pendeva la canna fumaria di una stufa, ma la stufa non c’era. Da quel tubo, scendeva senza ritegno il cavo dell’antenna. La cucina era con la bombola di gas. Il riscaldamento era centralizzato e la signora 85 enne del piano di sopra lo gradiva dalle 19 in poi, i vicini con la bimba appena nata, preferibilmente al mattino. In pratica era sempre acceso. Quattro famiglie, ventidue modi di vedere le cose: le scale si pulivano a turno, una settimana noi, una settimana nessuno, una settimana noi. Non fu un caso se mi venne l’asma. Nessuno si meravigliò quando lo sciacquone si ribellò alle leggi della fisica ed implose. La porta dello sgabuzzino rimase chiusa per mesi, a causa di una maniglia spezzata durante una banale apertura. Causa copertura interna in eternit, il garage non lo usammo mai. Stavo giocando a Max Payne, quando sentii come il rumore di un violino scordato. Mi voltai di scatto, ed osservai la libreria a muro di Ikea (mod. fuori produzione) che si inarcava, perdendo il suo carico di carta da copisteria fronte facoltà, per riposarsi poi nell’angolino della stanza, tra calcinacci freschi e macerie di casa in affitto. I fischer si portarono via 2 kg di intonaco. Prima di andarcene e maledirla per sempre, nella topaia ci organizzammo un rave party, al solo scopo di ricordare ai vicini quanto fosse bello fuggire da quel posto dimenticato da tutti. Al fresco aroma di piscio di cane.

N., che in italiano sapeva dire solo “fine del mese”, per darcela in affitto aveva dovuto richiedere le mie referenze. Per dire.

Qualche mese dopo la fuga, ripassammo per ritirare la posta vecchia. Il tugurio era stato già rioccupato. Ci viveva, cronaca vera, un pentito della camorra sotto copertura, in compagnia di una bagascia e i figli di non so chi. Referenziatissimi, immagino.

11 commenti:

  1. Si quella che hai raccontato è proprio una conseguenza dell'amore.
    Ormai ci si ama alla follia.
    Come la carta da parato ama l'umiità del muro.
    Una storia di ordinaria follia.
    Ordinaria.
    Appunto.
    Follia.

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  2. ottima storia che, tra qualche anno, potrai raccontare con voce roca ai nipoti tra una tirata e l'altra di ventolin.

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  3. Hai reso davvero l'idea...Sembra il primo appartamento che hanno preso i miei dopo la mia nascita,fatto di muffa,umidità e una stufa in corridoio che doveva scaldare tutto.
    Adesso ho tempo 1 mese per trovare casa,grazie a quello che hai scritto presterò molta attenzione! :)
    Thank you great man!

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  4. Tra poco esce il 3, niubbo!

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  5. Due cuori e una capanna...purchè non crolli...

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  6. Si, ma l'affitto quanto costava? Se meno di 500 e. (o 500 mila lire), passo dalla parte di N.

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  7. casa mia, casa mia
    per piccina che tu sia
    tu mi sembri una badia

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  8. I pentiti pagano cash, che poi è l'unica referenza che interessava ;-)

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  9. Son d'accordo con S.B.: l'unica referenza che serve a quegli strozzini che fanno pagare affitti spropositati per catapecchie è il vile denaro.
    Eh io che pensavo invece che fossero interessati a me, che volessero sapere che lavoro facevo per capirmi meglio, che quando mi chiedevano dei miei genitori fosse perchè erano persone gentili, per bene, educate.

    Invece stavano solo sondando quanti soldi potevano entrarmi nelle tasche, e di conseguenza, quanti ne sarebbero entrati nelle loro.

    Luridi Bastardi.

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  10. doveva attaccare lo scottex, non la carta da parati

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  11. @ Gianni: pazza idea.
    @ ciku: o salbutamolo, mio salbutamolo...
    @ vupì: informati sempre prima coi vicini. ne vale la pena.
    @ benz: comprerollo.
    @ ragno: la passione di cristo.
    @ peppe: ma da queste parti è uno scippo.
    @ fracatz: sai sempre come farci commuovere.
    @ SB e Sileno: è molto vero. luridi bastardi. ma verrà quel giorno.
    @ ubi: data la faccia da culo, è azzeccatissimo (lo scottex)

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