giovedì 24 maggio 2012

Una storia difficile da comprendere



È forte il tanfo di calzature cinesi, da queste parti. Quel cuoio impregnato di solvente nanchinese ciano e terra di siena. Ma fa tanto bene alle tasche la scarpa da 5 euro, che siamo anche disposti a spenderne 150 di dermatologo, poi.
Il fatto è che qui la la gente è parecchio strana.
Non tanto perchè nella mia città ci siano più rotonde che laureati.
E neanche per il fatto che la gente trascorra una fredda notte all'addiaccio per un lcd 32'' in offerta a 400.000 vecchie lire.
Sarà lo iodio. 
Sarà che li odio.
Sarà che l'app più scaricata della settimana è quella dell'INGV, che ti avverte se c'è stata una scossa di terremoto. Bello. Così se sto traballando, gli insetti stridulano, il gatto vomita, i piatti si spaccano sul cotto, gli allarmi delle fiesta tagliano in due la notte, i lampadari ruotano, dopo pochi minuti il sito dell'INGV mi dice che c'è stata una scossa. Meno male. Altrimenti avrei potuto pensare che fosse la calca degli iscritti all'Api di Rutelli che affollavano il vicino Palasport.
Sono tempi strani, da queste parti.
Da noi non si scherza neanche coi fanti.
Ma me lo sarei dovuto aspettare.

In queste zone è in uso una bizzarra consuetudine:
I padri chiamano i loro figli, amichevolmente, "Papà".
Le madri fanno lo stesso, chiamandoli "Mamma".
I nonni appellano i pargoletti "Nonno" e "Nonna".
Gli zii, e così via.
Scena 1: Padre al parco con il proprio figlio Umberto, di circa 5 anni.
“Vieni subito qui, papà!”.
Ed il piccolo: “Arrivo, papà”.
Uh?
Scena 2: Donna anziana di xallaenne anni, in strada, con la nipotina di pochi mesi nel carrozzino.
“Hai fame, Zia?"
E la bimba: “ggghhmmm,gg” (trad.: o tu, vecchietta al gusto di cipolla di tropea, perchè non mi chiami Veronica?)
La cosa sembra non creare problemi nella popolazione locale, e procede quotidianamente questo alternarsi di bambinoni di 30 kg chiamati Papino/simpatiche treenni con la maglietta di ellochitti appellate Zio. Poi dice la confusione dei sessi.
Io provo a dirglielo, ma per loro è normale. Dicono che il figlio deve sapere da subito chi gli sta rivolgendo la parola.
Ma per questo esiste la differenza di timbri vocali, cazzo.
E se, insisto io, si trovassero insieme nonno, padre e figlio, quanti umani sarebbero chiamati impropriamente "papà"?
Ma in questi casi nessuno mi risponde. Chi fischietta un motivetto antico, chi si cava un pokemon dalla narice, chi guarda Amici.


E così, continuo a vivere nella Terra delle Menti Spente, dove ottuagenari in tuta e mocassini  girano per i centri commerciali gridando “Nonnooooo!Nonnoooooo! Dove sei?”?
Ed io, lì, a bramare l'arrivo della Grande Consolatrice con la Falce, bloccata però alla Cassa Amica.





20 commenti:

  1. la cassa amica, uno dei più grandi errori umani del ventunesimo secolo: la Iodio!!

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    1. pensa chi ci lavora affianco: centesimi, centesimi, centesimi...

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  2. come ti capisco: pensa che dalle mie parti invece, la moglie la chiaman mamma, il marito papà ed i genitori nonni... i figli invece li chiamano marco travaglio.

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    1. Interessante: "ho tre marco travaglio a casa che mi dan tanti problemi." Lo userò.

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  3. Dalle parti mia si usava metterci davanti l'articolo determinativo (più o meno abbreviato):
    "la vuoi la merenda, 'a nonna?"
    Cominciavo quasi a credere fosse un'omissione di predicato verbale. "(Dillo) a nonna".
    Ora vado a riflettere.

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    1. vai nella stanza degli specchi?

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    2. Scrivo da lì, non riesco a uscirne purtroppo :)

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    3. Ma sarà sicuramente quelle maledetta A che poi è scomparsa, fagocitata dalla società dei consumi e dai rap di ferrara.

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    4. o dai suoi movimenti tellurici...

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  4. poi i giovinotti fan figli a 13 anni e i genitori si chiedono dove ho sbagliato.

    (che bello, è riapparsa la barra dei commenti. mi sento di nuovo a casa)

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    1. Hai visto? Ti ho fatto riapparire la barra dei commenti.

      In realtà è comparsa da sola, ma voglio fare il geekkone della situazione.

      Ma poi perchè se i giovinotti fan figli a 13 anni, i genitori si chiedono dove tu abbia sbagliato?

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    2. perché sbaglio sempre. o per lo meno spesso.

      (tsk, la mancanza di virgolette era voluta. tu chiamala se vuoi licenza poetica)

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  5. Quando ho letto "traballando" giuro che ho fatto un po' di fatica a capire, e non perché sia tardo (?), ma perché in Sardo "traballai" vuoi dire lavorare. Quindi mi chiedevo:
    1. come potessi conoscerlo,
    2. perché lo stessi usando
    3. perché ti sto lasciando questo commento privo di senso.

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    1. Da oggi in poi sarà mia cura, nella vita di tutti i giorni, usare un termine sardo.
      Lunedì andrò dal mio capo e gli dirò che è un labàdu.

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  6. qui ci si mette davanti "a", "a mamma" "a nonno" "appapà" ecc. Come se i nomi propri non venissero già storpiati abbastanza.

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    1. Ma dalle parti tue, quando chiamano il figlio, almeno lo chiamano per nome. Qui no. Sigh.

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  7. sono felice di abitare il un posto dove i bambini vengono chiamati per nome, visto che, a quanto pare, è una cosa molto rara.
    E non ha veramente un cazzo di senso.

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  8. ecco che fine aveva fatto, la Grance consolatrice.

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  9. La storia non l'ho compresa.
    E neanche la geografia.

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