giovedì 30 dicembre 2010

Il Dado è tratto da una mia idea: "Il Destino per il 2011"

Mescolando l'antico Hagakure, gli insegnamenti dei maestri dell'Amidismo ed alcuni detti proverbiali di Muro Lucano, abbiamo scoperto il Vostro Destino per il 2011. 
Lanciate il vostro dado.










Buon Anno (per l'oroscopo rivolgetevi a lei).

martedì 28 dicembre 2010

Storie e Profumi di Fine d'Anno (PiP rules)


Il mio migliore amico, ai tempi dei 13 anni, quando l’ormone nuovo si veste con un insopportabile abito di sudore stantìo, era molto ricco. Lo è anche adesso, ma quando hai quell’età lì tutto ti sembra ancora più grande di quanto non lo sia nella realtà. Non che soffrissi la differenza di ceto tra la nostra Kadett Zabaione e la loro 75 fiammante coi fregi del Circolo Nautico, né l’appassirsi delle mie Canguro al cospetto di un paio di Timberland che guardavo con occhi languidi, quasi come non esistessero. Il mio amico ricco aveva quasi tutto, ma lo condivideva con una generosità tanto rara quanto estrema. Molti se ne approfittavano, io un po’ meno, educato com’ero a non esagerare in nulla, quasi come se il godimento di una cosa altrui con il beneplacito del proprietario fosse un peccato divino (forse lo è pure, non ho approfondito).
Io avevo una casa come se ne facevano una volta, lungo corridoio e stanze perpendicolari allo stesso. La sua era una magione, con vani e sgabuzzini da far paura, suppellettili e monili, nature morte dentro cornici esose, sedie Luigi qualcosa che non ospitavano chiappe da decenni. La cameretta era posizionata in una enorme mansarda, suddivisa in seguito a diversi lavori di ristrutturazione, nell’antro buio della quale un giorno trovammo alcune riviste porno degli anni ’70 quasi tutte in tedesco, ed una, la più esplicita, nonchè bizzarra per il buffo spirito del casting, in svedese. Ma questo spin-off hard non si addice alle feste di Natale, pertanto sarà cablato a chi sapete voi e le ceneri sparse in Hyde Park.
Dicevo della mansarda, che negli anni successivi ci avrebbe riscaldato durante accese partite a Doom e frammenti di Marina Lotar in Frajese così come iddio l’aveva sfornata. Si ergeva nella parte est del sottotetto l’ala dedicata alla “cameretta” del mio amico. Una serie di mobili fatti su misura, a colore alterno bianco e magenta, ed un letto nascosto che usciva a comando di non so quale pulsante fatato. 

Ebbene, qui, faceva la sua comparsa il televisore più bello del mondo. Non ne ho visti più di tvcolor così. Andammo a comprarlo assieme, col padre, e lo scegliemmo tra migliaia di apparecchi, tutti sopra ai 30 pollici, ma soprattutto tutti sopra al milione e mezzo, che per l’epoca era uno stipendio medio alto. Il telecomando pesava circa 3 kg, ma bastava sfiorarne i tasti per ritrovarsi ovunque. L’apparecchio era grande, ma visivamente sembrava una sinuosa astronave. Ed aveva il PiP.

All’epoca dividevo le classi sociali tra chi aveva il televisore con il Pip e chi no. Chi no eravamo noi tutti, comuni mortali, a cui la sorte aveva affidato un padre che se l’era sempre sudata ed una madre che, se andava di lusso, doveva vendere il culo alla Jafra per qualche millelire di provvigione.
Il PiP era un'invenzione giapponese, dall’inglese Picture in Picture, che consisteva nella possibilità di visionare in un riquadro, a bordo schermo, un altro canale televisivo, fondamentalmente per dare l’opportunità di vedere 2 canali in contemporanea o attendere la fine della pubblicità su quell’altro.
Un lusso praticamente, di quelli che ti affascinano come nient’altro al mondo. Soprattutto quando hai 13 anni.
Col passare dei giorni, poi, come un qualunque cubo magico, molla scendi scale o album di mandala, il PiP cadde nel dimenticatoio. Il pulsante prese polvere. La funzione fu accantonata. Mai usata.
Da allora non ne ho più sentito parlare. Fin quando non ho visto lui.

L’ambientazione è quella che è, del resto nella camera della nonna non si può esagerare con gli effetti speciali, al massimo possiamo scrivere Dolce Amore sullo specchio, col Labello. Sulla pettinatura e l’abbigliamento non mi esprimo, perché c’è un’indagine in corso. Né sul fatto che l’associazione Aromaterapisti d’Italia gli abbia fatto causa, così come Rolando, il parrucchiere delle dive.

Ma è tornato il Picture in Picture. Ed ora non ce n’è per nessuno.

domenica 26 dicembre 2010

La Foto della Domenica - Speciale "Sensi di colpa natalizi"

Questa era la mia cena.

Foto di Ettore Aldimari - "Vegan Fox"

So cosa pensate. L'ho pensato anche io. Non c'è photoshop, corel, correzione occhi rossi, gomma paintbrush, penna replay, bianchetto. Nulla di tutto ciò. Ciò che ho visto io è ciò che vedete voi. 
Ci siamo guardati a lungo. Era lì, su fondo bianco, e non si muoveva. Intorno a me suoni ovattati e luci artificiali, a confondermi i sensi. Mi aspettavo una voce, da laggiù. Un richiamo, disperato, urlo strozzato in una gola che non riuscivo neanche a localizzare. Eppure non era il primo pollo che avevo davanti. Avrei dovuto solo annusare, prendere coltello e forchetta, e tagliare, senza neanche stare lì a riflettere su cosa fare o non fare, quanta pelle togliere via e quanta ingurgitare, famelico. Potevo passare allo strappo con le mani, come usano i miei avi che mi squadrano ogni qualvolta agguanto le posate per svuotare un pesce o spogliare un crostaceo. Borghese, alto retaggio di chissà quale metempsicotico passato.
Ma nel piatto non c'era l'animale. C'era altro.
Truppe di amici immaginari vegani, latto-ovo vegetariani, animalisti, fricchettoni mi esortavano a salvare questa bagascia del pollaio, defunta meretrice di stie lascive, peripatetica pennuta lussuriosa.
Altri, triviali e sordidi sbranamembra, mi infiocchettavano il mesale al collo, suggerendo la parte del corpo nudo da tirar via per prima, senza badare all'unto, all'ingordigia, al crudele compimento del supplizio.
I commensali terminavano le loro portate. Si chiacchierava amabilmente, la solidale unità d'intenti del Natale creava quel legame unico, in cui è compatto il genere umano e nulla scalfisce la magica atmosfera creatasi, roba che neanche il forum di alfemminile.com alle prese coi problemi della bartolinite.
Io vivevo il mio personale travaglio interiore, aiutato dai 14° del Rosso senza solfiti del 2008, che, di fianco al mio piatto, mi aspettava stranito ed impaziente, anche lui, come il casellante che attende che tu, tra una mezza cartina, una cinquecento lire e l'Ikea Card, ritrovi quei cazzo di spicci che gli permettano di richiudere lo sportellino e lui tornare, fieramente, a pensare di farsi esplodere al passaggio di un'autocisterna Q8, mentre gruppi sconosciuti straziano l'etere su 103,3.

venerdì 24 dicembre 2010

Le cose da non fare nella notte di Natale




*                Disegnare sprazzi di vitilligine nel cielo stellato
*                dare una carezza ai vostri figli, e dire loro che questa è la carezza di Julian Assange
*                liberare i vostri dogo argentini nella nebbia, e le urla che sentirete non saranno i festeggiamenti per l'anno nuovo
*                indossare un maglioncino bluscuro in ricordo del contratti di lavoro nazionali che non sono più tra noi
*                assaggiare i nuovi prodotti del Bimby Vorwerk tra cui i cannoli ala couperose e le ferratelle al latte di PortoMarghera
*                aprire le porte allo sconosciuto, così che Federica Sciarelli tra qualche giorno parli anche di voi
*                non pensare alle differenze di colore della pelle, perché anche Carlo Conti è uno di noi
*                guardarvi allo specchio e ragionare sull'efficacia del Serum 7
*                ammaestrare una scimmietta slava a fare l'imitazione del Senatore Rosy Mauro
*                assaggiare una fetta di pane con Ciaocrem del 1979
*                pensare a me che penso a Scarlett Johansson mentre assaporo l'insalata di rinforzo
*                truccare vostro figlio da gene simmons dei Kiss per la lettura della poesia natalizia
*                andare sul Rantolo della Matassa e commentare il post più brutto, anacronistico, scialbo, affascinante, meritevole, glabro, ma nano, autorevole, leggiadro, insignificante, mastodontico, patemico, alienato, integerrimo, agnostico, cuspide, agricolo, mezzadro, dylaniato, ubriaco, ammanigliato, leggendario della storia del mondo. Auguri.

Ettore Aldimari

martedì 21 dicembre 2010

Su quelli che si siedono di fronte, la crisi immobiliare e la dissonanza cognitiva

Nella foto, le dita di un uomo sicuramente brutto stringono qualcosa

Avete presente quelli che credono che tu stia aspettando solo loro? Qualunque cosa voi stiate facendo. Leggendo, parlando, immersi nel monitor del vostro pc, parlando con altri, parlando da soli, dormendo, leggendo e scrivendo sms, fingendo di fare qualcosa di impegnativo, scoprendo su Wikipedia che Erri De Luca ha anche guidato convogli umanitari durante la guerra in Bosnia, scoprendo altresì che in ufficio solo tu sai chi è Erri De Luca.
Assolutamente non colpito da una qualunque delle attività sopra descritte, questo personaggio (non Erri De Luca) entra nella mia stanza e cerca di appropriarsi della mia attenzione.
Non che stessi facendo qualcosa di fondamentale per le sorti dell'Azienda. Anzi, ero per lo più attento ad ascoltare le parole di Jealous Guy davanti alla schermata bianca post CTRL+N.
Egli si siede di fronte a me ed inizia a parlare del più e del meno, credo della moglie che lo ha lasciato, della figlia che non riesce a trovare lavoro, del cognato che stenta ad arrivare alla fine del mese se non con qualche attività in nerissimo. Lo guardo in modalità corpo qui/mente altrove, annuisco a casaccio, sorrido automaticamente ogni 7 secondi, sospiro ogni 4, controllo il telefono, ripeto in loop “e che vuoi farci?” e “è la crisi, fratello”. Questo è il modo migliore per affrontare tali sfide. Non ti liberi facilmente dell'intruso se non consumandone le discussioni con frasi di rito e convenevoli, fingendo che attorno a voi due si alzino pianpiano le quattro fredde pareti di un ascensore. Il blablabla continuava, e riesco persino ad aprire per qualche decina di secondi il varco mentale, che mi permette di calcolare quante rate di mutuo restano per la casa (ancora tantetante, maledetta bolla speculativa n.d.a.) col sottofondo dei Modà, la cui presenza al prossimo Festival di Sanremo fa sì che non veda l’ora di non vederlo.
Poi il tipo mi racconta che una volta è morto, proprio mentre gli applicavano lo stent all'arteria femorale.
Ecco, io non sono schizzinoso. Sono molto aperto, non mi fermo davanti alle difficoltà della vita e cerco di affrontare tutto, anche a costo di non dormirci la notte, accompagnato dal mio saltuario bruxismo, a braccetto con nux vomica e ventolin, nei secoli fedeli compagni dell'esistenza. Ne ho sentite di tutti i colori, ho visto cose.

Ma c'è una cosa che, io non ti ho detto mai.
Io non sono in grado di ascoltare racconti di interventi chirurgici, soprattutto riguardanti:

1.       occhi;
2.       apparato genitale maschile;
3.       ginocchia;
4.       gola;
5.       sistema cardiovascolare (nel caso specifico narrato dal personaggio viene praticata una puntura solitamente a livello dell’arteria femorale, previa anestesia locale, la manovra non necessita di anestesia generale,, e vengono introdotti dei cateteri che arrivano fino al vaso interessato: nella sede della placca viene gonfiato un palloncino che dilata lo stent e lo posiziona all’interno dell’arteria. Capito? Il paziente è sveglio ed osserva. Osserva un essere che gli ficca nelle vene un corpo estraneo, lo fa entrare dentro per diversi metri e poi fa altre cose che. Punto.)
6.       naso;
7.       inguine;
8.       ano.

Qualunque accenno a situazioni operatorie in cui siano coinvolti organi sopra descritti provoca in me una sorta di tracollo sensoriale per il quale ho allenato la mente ad un training autogeno al termine del quale nego l'esistenza non solo del racconto, ma anche dell'interlocutore. Che è stato invitato ad andare affanculo. Senza anestesia.

Nota
Si ringraziano per la collaborazione ed il supporto:
gli amici acqua e zucchero,
la mano sinistra dell'autore che ha coperto gli occhi al momento giusto durante la scellerata visione di questo

domenica 19 dicembre 2010

La Foto della Domenica

Il Quiz di Natale


Non è tempo per noi, cantava anni fa un signore con pantaloni di pelle indefinibili ed una dubbia igiene tricologica, che poi andava sempre in un bar a tarda notte mentre il barista dava un colpo di straccio al bancone guardandolo come se fosse uno che piscia seduto, poi il bar è fallito e nel frattempo il cantante è diventato miliardario. Ma sto andando fuori tema.
Non è tempo per noi, dicevo. Aldo Grasso sul Corriere si è accorto che la televisione italiana è forse lo specchio del paese, alla deriva, alle battute finali, come quando in un vecchio telefilm la pellicola iniziava a sgranarsi, ed anche se il cadavere era ancora caldo, i protagonisti facevano una battuta, risatina finale, ah se ti prendo, titoli di coda. Tipo.

Non so se sia davvero al capolinea. Però alcune produzioni sono imbarazzanti.
Quiz: nella foto c'è il frame conclusivo della puntata dell'altro giorno di una soap su C5. L'ho fotografato così, di passaggio. Qualcuno mi spiega:
1. Chi sono questi due?
2. Perchè quell'espressione nei volti?
3. Cosa diavolo è successo?
4. Perchè non c'è nessuno al posto del passeggero?

Alla risposta più convincente, invierò per posta elettronica la Foto della Domenica di riserva (Idea Regalo Natale 2010 parte seconda.jpeg).


venerdì 17 dicembre 2010

Sulle conseguenze di un post, le divergenze femminili e Joe Buck

Nella foto Scarlett Johansson, che non c'entra nulla col post ma gliel'ho promesso  
La colpa è tutta di Emix. Potrebbe sembrare una bella frase da stampare sulle t-shirt, probabilmente qualche parlamentare del PDL l'avrà anche urlata all'indirizzo di Fini. No, non è stato neanche un ritornello di Piazza del Popolo dell'altro pomeriggio. Siete fuori strada.
Questo suo post parlava di un videogame destinato esclusivamente al pubblico maschile nipponico nel quale la console è un vespasiano ed il joystick è il membro maschile. Scusate la volgarità, volevo dire il pene. Insomma, il cazzo.
Il dibattito, variegato ed eccentrico, come tutto ciò che accade da quelle parti, verteva sul fatto che alle donne era praticamente impedito di giocare qualsiasi quadro a questo divertentissimo uretrogame.
Al che, per scrupolo, ne ho discusso in ufficio con l’esercito di donne nullapensanti che popola le candide scrivanie dell’azienda ove presto servizio. Costoro, tra l’esame accurato di una doppia punta ed un'ipotesi comunque xenofoba sul destino di Yara, scrutandomi con la coda dell'occhio, mascarata allungante zero grumi, mi fanno, con la nonchalance tipica di chi ignora il desiderio di eccidi dicembrini del proprio interlocutore blogger: “Ah, la pipì tu la fai in piedi? Tua moglie TE-LA-FA fare in piedi? Mio marito la fa seduto. La DEVE fare seduto, se no, sai...”
No, non so, ditemi, colleghe. I vostri maturi e cazzuti uomini, padri dei vostri figli e portatori sani della virilità casalinga nelle vostre 4 mura, la fanno seduti? Quelli che vedo nei bar bestemmiare contro slot machines succhia salari, questi pizzettati scommettitori di professione, cacciatori di beccacce ed all’occorrenza molestatori telefonici, pregni di sichei, spavaldi e fieri? ”Certo, scherzi. Che non si permettano”.
Poi si è creata, defilippianamente parlando, una contrapposizione tra 3 correnti di pensiero, che hanno amabilmente esposto le loro opinioni sorseggiando decaffeinato e/o ginseng, strette nei loro jackerson da € 250,00 cad.

Gruppo n. 1: Le Repubblicane, alias “quelle che obbligano il proprio marito a farla in piedi”.
A loro non la si fa, loro non sopportano le goccioline ovunque, non devono mai ripulire la tavoletta, non vogliono rimasugli genetici sparsi per il vano. Noncuranti del raggelamento posteriore dei coniugi, esse pretendono che il consorte si sieda, consumi l’atto, verifichi con attenzione l’esaurimento totale del residuo vescicale, e poi si rechi al lavandino, ove, con cura chirurgica, potrà toccare qualunque oggetto con il retropalmo della mano e/o il solo mignolo, che evidentemente è stato eletto dito igienizzato 2010 dalla stessa giuria del “Prodotto dell’anno”. 

Gruppo n. 2: Le Democratiche, a.k.a. “quelle che il proprio marito preferisce autonomamente farla in piedi”
Le signore hanno solo accennato, un lontano giorno di non sappiamo quanti lustri or sono, ai propri mariti la miglior riuscita della minzione accovacciata, ma hanno concesso loro libero arbitrio. Gli uomini ne hanno colto la portata innovativa e progressista ed, entusiasti come chi è riuscito a non vedere un film di Pupi Avati, hanno iniziato a farlo da soli. Eccoli che ogni mattina, con la scusa di non riuscire a manovrare il gigantesco membro che si ritrovano fra le mani, si assettano sullo scranno bianco e lì consumano l’atto. 
Un penny per sapere cosa gli passa per la testa, mentre sono seduti, emuli del loro pargolo unenne o della Zia Teresa.

Gruppo n. 3: Le Liberal, ovvero ”quelle che non se ne fregano nulla, tanto a pulire se ne occupa la signora delle pulizie, anzi la Donna”
Nel mio ufficio ce ne sono un paio così. A loro auguro sempre un Natale pieno di pace, serenità e ragadi.

Come al solito, mi sono ritrovato in assoluta minoranza, accusato, di essere l’untore dell’ufficio, capro espiatorio della loro condizione, ultimo tra gli ultimi.



Al telefono, ove cercavo supporto alla mia posizione, mia sorella mi ha detto che il marito la fa seduto perché è più comodo e fa prima. Mia sorella è una democratica convinta.
Il fratello di mia moglie è single. Mi ha detto che la fa seduto. Non l’ho categorizzato. Non lo chiamerò più.
Ma sono l’unico che la fa ancora in piedi? Dov’è la telecamera?

Ogni tanto mi viene voglia di prendere la mia valigia in pelo di vacca, ficcarmi la mia giacca in nappa a frange ed il mio cappello, ed abbandonare il mio lavoro da lavapiatti. Ma forse quello è Jon Voight.