martedì 24 marzo 2015

Un esperimento senza alcuna motivazione plausibile.

Giorno 5 lontano dai social network.
Le mani riacquistano un colorito accettabile. La batteria del telefono arriva fino a sera. Non sento più il bisogno di sapere cosa hanno mangiato a pranzo Teresa o Debhorah. Non vedo tramonti sul Tirreno.

È la terza volta in quattro mesi che vado dal dentista.
Che è un classico dentista.
Lo stereotipo del dentista.
Piacione, separato, suv, assistenti fighe, inadatto al mestiere, musica paracula in filodiffusione .
Ieri c'era Take on me degli A-ha. E niente, mi ha fatto odiare anche quella, che era una delle poche che si salvavano degli anni '80. Ora resta You spin me round ed un paio di canzoni di Dario Baldan Bembo.

Che la mattinata non fosse iniziata nel verso giusto lo dovevo capire dallo sgambetto fantasma che ho ricevuto. Un terzino invisibile mi ha falciato il passo facendomi scoordinare per diversi metri. Dato che non c'è alcool nel mio corpo da tempo (che vergogna) e che tendo ad allacciarmi le scarpe coscienziosamente (che vergogna), non saprei davvero chi si possa divertire alle mie spalle. Faccio il doppio nodo, per la cronaca, oramai anche alle ciabatte da mare. Avevo la tendenza a camminare con scarpe che si slacciavano. È come se i miei metatarsi si animassero autonomamente per snodare i lacci, di continuo. Allora raddoppio il nodo. Diventa un grumo di cotone bicolore, orrendo da vedere.
Un po' come il mio stato d'animo. Se non gli sto appresso, si sfilaccia. Allora devo annodarlo su sé stesso più volte, come un gomitolo. Come una matassa. L'avessi saputo, 5 anni fa, che la matassa era ancora tutta lì, l'avrei chiamato diversamente questo blog.
L'avrei chiamato:
a) L'imprevedibile esistenza di un geniale imbecille.
b) L'affascinante E.A. e la sua altruistica misantropia.
c) Lo Zen e l'arte di digitare coi soli indici.
Che poi, voglio dire.

venerdì 20 marzo 2015

Un aggiornamento che leggerò solo io.

Non so chi sia rimasto a leggerlo, questo blog.
Sono uscito lasciando le chiavi dentro, e probabilmente qualcuno mi avrà pure cercato.
Ma si sa come sono fatte le persone, o forse sono fatto solo io così.
Quando esce il sole, ci si dimentica di chi ti ha prestato l'ombrello, e a volte te l'ha anche mantenuto, sotto la pioggia battente.
Rieccomi qui. Con un temporale improvviso che mi ha colto di sorpresa, come il più stupido dei randagi.
Eppure dovevo immaginarlo. I gatti non ci tornano sulle stufe, nemmeno se fredde perchè spente da una vita, se mille anni prima ci si sono scottati.
Io sì. Io non sono un gatto. Lo fossi stato ci sarebbero fotografie mie su facebook. Ma non lo sono, e su quella stufa mi ci ero seduto ancora. Perciò fa più male.
Allora mi scrivo queste quattro righe, più come promemoria che altro, sapendo benissimo che se dovesse passare qualcuno potrebbe anche riderne.
Non ci sono regole fisse nella vita.
Non ci sono insegnamenti.
Non ci sono standard e parametri.
C'è un passaggio di esseri viventi, incroci di parole, porte che si aprono, canzoni senza senso, il profumo di una scatola del cucito, errori, sorrisi, vizi ripresi, intolleranze alimentari, intolleranze umane, lettere, pronomi inutili, delusioni.
Sono tornato al punto di partenza.
Scrivo.