mercoledì 23 settembre 2015

Lettera aperta a Miss Italia

Hai detto una stronzata.

Hai 18 anni.

Sei maggiorenne e voti come me, te e te, laggiù in fondo.

Comunque, non dovevi certo essere tu, Alice Sabatini, 18 anni, a squarciare il velo sul livello culturale generale.

Ma ciò che mi sorprende più di ogni cosa è che tu, Alice Sabatini, 18 anni, abbia detto di aver letto pagine e pagine di libri di storia a scuola, sulla seconda guerra mondiale.

Io, ad esempio, non ci sono arrivato alla seconda guerra mondiale, Alice.

Mi sono fermato alla prima, ed era fine maggio. In un liceo.

Ma abbiamo studiato a fondo il Congresso di Vienna, che oggi mi è tanto utile per capire la differenza tra Tari e Tasi.

So tutto dell'Australopithecus Afarensis, e meno male, altrimenti non saprei programmare la lavasciuga o disostruire la trachea di un neonato.

Carlo Magno lo facemmo per 2 mesi, altrimenti come saprei spiegarti, oggi, le ragioni del conflitto israelo-palestinese?

Vedi, Alice Sabatini, ritieniti fortunata, se tu, davvero, l'hai studiata la seconda guerra mondiale a scuola.

Perchè io no, e non ho i tuoi 18 anni.

Ho l'età di chi decide, nel paese.

E vota. Come te, te, e te, che ti nascondi laggiù.

domenica 28 giugno 2015

La mia battaglia sull'arcobaleno

Quando finisce una storia bisogna essere onesti, soprattutto con sé stessi.
Le colpe di una separazione non sono mai di una sola persona, ma vanno distribuite. Ed il mio caso non fa eccezione: 50% responsabilità di mia moglie, 50% responsabilità di mia suocera. Le cose vanno dette.

In special modo oggi, che c'è tanta emozione per la scelta USA sul matrimonio gay. Traguardo che mi vede favorevole, ma non perché mi faccia piacere che gli omosessuali si sposino. Apprezzo il fatto che tutti, indistintamente, senza differenze di sesso-razza-religione, possano avere la possibilità di commettere gli stessi sbagli degli altri.
Perché è empiricamente provato che il matrimonio è un errore del quale, prima o poi, pentirsi.
Proprio per questo, dev'essere concesso a tutti. Per divulgare l'esperienza ai simili e ai posteri.
Mai vietare le cose pericolose solo a determinate categorie.
Sarebbe come proibire di fumare ai foggiani.
Vietare di guardare Pomeriggio 5 ai neocatecumenali.
Impedire di farsi i risvoltini dei jeans agli asmatici.
Alla mia vicina rumena, ad esempio, piace Biagio Antonacci.
Chi sono io per privarla di ascoltare quella voce del cazzo?

Ecco il vero spirito della battaglia sull'arcobaleno: io pretendo che chiunque si possa sposare.
Poi vedrai, tra qualche anno, come imploreranno la Corte Suprema Americana di tornare sui suoi passi perché anche gli omosessuali, come i foggiani, i neocatecumenali, gli asmatici e la rumena, dopo un po', si rompono i coglioni.
Peace.

mercoledì 10 giugno 2015

Informazioni diffuse male

Nella 27a stagione dei Simpsons, Homer e Marge divorzieranno.
Il fatto che questa notizia mi provochi più ansia della mia stessa separazione, mi fa capire che io, indissolubilmente, inopinatamente, indefessamente, indirettamente, inconsapevolmente, inimmaginabilmente, ecco, devo riflettere meglio sul mio equilibrio psichico.
Il fatto che un mio collega scriva "Scerlo Colms", mi aiuta a dormire meglio.
Il fatto che creda che in tv valga la pena di vedere solo il cartone animato "Uncle Grandpa", aumenta la mia autostima.
Il fatto che io sia passato dal periodo 'misantropia' a quello 'indifferenza professionale', sta migliorando il mio tono muscolare.
Il fatto è che compio 40 anni tra due mesi.
E vorrei andare in Austria.
Ma non ho niente da Metternich.

lunedì 18 maggio 2015

Di idraulica, fisioterapisti miliardari e numeri crescenti.

Il miscelatore del lavabo di casa impiega circa 3 minuti per scaldare l'acqua. Se gli alitassi sopra, sarebbe più rapido. In quei 180 secondi, potrei riempire mezza vasca d'acqua, 4 acquari, dissetare 25 piante del balcone. Essere denunciato dal governo etiope. E poi sciacquarmi il viso.
Il miscelatore del lavabo dell'ufficio impiega circa 1 secondo per scaldare l'acqua. Dopo 4 secondi l'acqua bolle. Dopo 7, nessuna mano umana è in grado di affrontare quel getto lavico.
Ultimamente incontro persone che sono il miscelatore di casa o il miscelatore dell'ufficio.
Estremi che non si incontreranno mai. Incontrano solo me, di continuo.
O bianco, o nero. O altezza o bassezza. O nanismo.
Dove sono finite le mezze misure? Scomparse con le mezze stagioni? Cancellate dai menù come le mezze porzioni?
Vorresti un "come stai?" vero, in carne ed ossa, ma ricevi solo notifiche. Notizie su altre vite. Social stocazzo. MyDicksNetwork, piuttosto. Oramai la gente notifica, tutto. Anche se non sei in rete.
Così mi trovo ad andare in giro con l'etichetta rossa in alto a destra, sulla testa, col numerino.
43 notifiche in attesa di essere lette.
Ora 44.
Alla fermata del bus nessuno si guardava in faccia, l'alto giorno. Sarei potuto passare nudo, con sabot e parrucca di Tina Turner. Niente.
45.
Ci piegheremo, nei nostri telefoni, fino a sentire lo scrocchio del collo. Ed allora, con l'ultimo, flebile, respiro, ci avvicineremo al primo passante e sussurreremo "Sai se c'è un'app per far tornare la testa dritta?"

sabato 9 maggio 2015

Confessioni di un demente pericoloso (o come sopravvivere 60 giorni senza facebook)

Non sono più su facebook da 60 giorni.
L'evento non è stato salutato dai carrarmati della Piazza Rossa in parata, nè da uno speciale su RaiStoria condotto da quel giuggiolone di Paolo Mieli.
Pensavo che l'opinione pubblica desse più risalto alla notizia, visto che avevo un seguito corposo, alle volte quasi maniacale, di followers.
Invece sono andato via e facebook ha proseguito il suo lavoro quotidiano. Ognuno parrebbe continuare a sopravvivere, noncurante del fatto che io non ci sia più.
Non me l'aspettavo.
Ieri sera, molto tardi, diciamo stamattina, riflettendo sulle conseguenze etiche della masturbazione, e grazie all'apporto di mezza bottiglia di ratafìa, mi sono riaffacciato sulle pagine biancoblu del social network.
Video del cazzo (cioè, non proprio del cazzo, ma fossero state clip di un pene che parlava di Sci-Fi sarebbe stato meglio), musica di merda (in questo caso proprio così. Anzi, dimmerda), poesie brutte, foto di gente che vedrei volentieri a leccare i corrimano della metro di Calcutta.
E non sto qui a controllare se Calcutta ce l'abbia o meno una metro. Diciamo che se ce l'avesse, la immagino come la metro più sporca del mondo. Stereotipi e luoghi comuni, ok.
Ebbene, quando, esattamente, ho deciso di accettare l'amicizia di persone che disprezzo?
O meglio, perchè?
Era così indispensabile farlo?
Fare a gara a chi ce l'ha più lungo, a costo di condividere storie drammi ed estasi con gente alla quale farei fatica a stringere la mano, è diventato un obbligo. Un'esigenza.

"Ma guarda che coi blog è lo stesso. Non cerchi anche qui approvazione da sconosciuti, costretti a leggere i tuoi scazzi e le tue paturnie?"

Sì, lettore misterioso e scassacazzi. E' così anche sul blog.
Ma è un ambito più intimo. Non scorro una paginata di roba avariata, mix di madonnedimedjugorie, bukowsky, creme brulèe e dildi.
Scelgo di andare dove voglio. E mi ci fermo.

Sono uscito da facebook da 60 giorni, e non gliene frega un cazzo a nessuno.
Sono soddisfatto.

domenica 19 aprile 2015

La Scossa©

Qual è l'unica frase che non mi hanno detto gli amici, dopo aver confidato loro che mi sto separando?

1. Ti capisco, pensa che io e mia moglie stiamo ancora insieme solo perché ci sono i bambini.
2. Ma io l'avevo capito subito.
3. Uno come te non avrà problemi a rifarsi un'altra vita.
4. Comunque ti trovo bene.
5. Era un po' che ti vedevo giù.
6. Se posso fare qualcosa, dimmelo.
7. È colpa di Facebook.
8. È colpa di Whatsapp.
9. Si chiude una porta, si apre un portone.
10. Stasera ti porto a mignotte.

martedì 14 aprile 2015

Suavemente

Le vedi da miglia marine.
Riescono ad emergere in mezzo a centinaia di teste.
Sapresti riconoscerle nel mucchio.
Sono le coppie al limite.
Di solito è lui che cerca il viso di lei, ma lei già è andata.
Allora lui si chiede il perchè, le chiede il perchè, ma è inutile.
“Lo sai”.
“Stocazzo, lo so. Scusa, sono stato volgare. È per la mia volgarità che sei così?”
“Lo sai”
“Non lo so, credimi. Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No”
“Ho detto qualcosa che non avrei dovuto dire?”
“Basta, smettila”
 
Ora stanno su una panchina.
Ora li vedi in macchina, con le teste distanti molto più di quanto sia lo spazio tra finestrino e finestrino.
Non sono d'accordo nemmeno sulla stronza musica da sentire nell'autoradio per andare dal posto "a" al posto "b" (4/5 km).
Lui vorrebbe i Coldplay, lei il latino americano.
“Ma ti è sempre stato sul cazzo il latino americano”
“Ora mi piace”
“E i Coldplay?”
“Mi stanno sul cazzo”
 
Se ci pensi, i Coldplay dovrebbero stare sul cazzo anche a te.
Chris Martin è bello, ha voce, suona, c'ha figa ovunque. Passa da Gwyneth Paltrow a Jennifer Lawrence a Kate Hudson come se cambiasse marca di dentifricio. E comunque il suo dentifricio è più efficace del mio e del tuo. Del tuo, sicuro.
 
Allora lui cede, e mette il latino americano.
Ed i coglioni dovrebbero toccargli terra.
 
Ma lui, i coglioni, non ce li ha.

sabato 4 aprile 2015

Lettera ai cinesi


Cari cinesi.

Io non ce l'ho con voi. 
Siete gran lavoratori, avete un'economia che comanda il mondo, una mafia rispettabilissima, oramai non c'è cosa che non sia prodotta in una delle vostre città da cento milioni di abitanti tutti uguali. Abbiamo anche imparato a mangiare lo stesso cibo.
Io ci entro, nei vostri negozi. 
Passi che nessuno di voi, eccetto la proprietaria, parli italiano. Passi che mi facciate seguire per controllare che non mi fotta qualcosa. Passi il fatto che avete reparti per animali sovradimensionati e tastiere per pc senza il tasto euro. Passi tutto.
Ma, per carità, la musica cinese in filodiffusione la dovete togliere. 
Potrei perdere la pazienza. 

Con immutata stima, 

Ettore.

martedì 24 marzo 2015

Un esperimento senza alcuna motivazione plausibile.

Giorno 5 lontano dai social network.
Le mani riacquistano un colorito accettabile. La batteria del telefono arriva fino a sera. Non sento più il bisogno di sapere cosa hanno mangiato a pranzo Teresa o Debhorah. Non vedo tramonti sul Tirreno.

È la terza volta in quattro mesi che vado dal dentista.
Che è un classico dentista.
Lo stereotipo del dentista.
Piacione, separato, suv, assistenti fighe, inadatto al mestiere, musica paracula in filodiffusione .
Ieri c'era Take on me degli A-ha. E niente, mi ha fatto odiare anche quella, che era una delle poche che si salvavano degli anni '80. Ora resta You spin me round ed un paio di canzoni di Dario Baldan Bembo.

Che la mattinata non fosse iniziata nel verso giusto lo dovevo capire dallo sgambetto fantasma che ho ricevuto. Un terzino invisibile mi ha falciato il passo facendomi scoordinare per diversi metri. Dato che non c'è alcool nel mio corpo da tempo (che vergogna) e che tendo ad allacciarmi le scarpe coscienziosamente (che vergogna), non saprei davvero chi si possa divertire alle mie spalle. Faccio il doppio nodo, per la cronaca, oramai anche alle ciabatte da mare. Avevo la tendenza a camminare con scarpe che si slacciavano. È come se i miei metatarsi si animassero autonomamente per snodare i lacci, di continuo. Allora raddoppio il nodo. Diventa un grumo di cotone bicolore, orrendo da vedere.
Un po' come il mio stato d'animo. Se non gli sto appresso, si sfilaccia. Allora devo annodarlo su sé stesso più volte, come un gomitolo. Come una matassa. L'avessi saputo, 5 anni fa, che la matassa era ancora tutta lì, l'avrei chiamato diversamente questo blog.
L'avrei chiamato:
a) L'imprevedibile esistenza di un geniale imbecille.
b) L'affascinante E.A. e la sua altruistica misantropia.
c) Lo Zen e l'arte di digitare coi soli indici.
Che poi, voglio dire.

venerdì 20 marzo 2015

Un aggiornamento che leggerò solo io.

Non so chi sia rimasto a leggerlo, questo blog.
Sono uscito lasciando le chiavi dentro, e probabilmente qualcuno mi avrà pure cercato.
Ma si sa come sono fatte le persone, o forse sono fatto solo io così.
Quando esce il sole, ci si dimentica di chi ti ha prestato l'ombrello, e a volte te l'ha anche mantenuto, sotto la pioggia battente.
Rieccomi qui. Con un temporale improvviso che mi ha colto di sorpresa, come il più stupido dei randagi.
Eppure dovevo immaginarlo. I gatti non ci tornano sulle stufe, nemmeno se fredde perchè spente da una vita, se mille anni prima ci si sono scottati.
Io sì. Io non sono un gatto. Lo fossi stato ci sarebbero fotografie mie su facebook. Ma non lo sono, e su quella stufa mi ci ero seduto ancora. Perciò fa più male.
Allora mi scrivo queste quattro righe, più come promemoria che altro, sapendo benissimo che se dovesse passare qualcuno potrebbe anche riderne.
Non ci sono regole fisse nella vita.
Non ci sono insegnamenti.
Non ci sono standard e parametri.
C'è un passaggio di esseri viventi, incroci di parole, porte che si aprono, canzoni senza senso, il profumo di una scatola del cucito, errori, sorrisi, vizi ripresi, intolleranze alimentari, intolleranze umane, lettere, pronomi inutili, delusioni.
Sono tornato al punto di partenza.
Scrivo.