giovedì 24 novembre 2011

Ho conosciuto uno ricco, ma avrei preferito del fluticasone propionato



Il 12/01/2009 nello Zimbabwe fu messa in circolazione una banconota del valore di 50 mila miliardi di dollari zimbabwiani, pari a circa 30 dollari USA. C'è un po' d'inflazione, da quelle parti. Ed io che mi lamento se, quando sto per prendere sonno, mia moglie mi sussurra a 90 db che è ora di comprare un congelatore. C'è di peggio, nel mondo. Io poi  le dinamiche dell'economia non le ho mica capite. Mi sento come quello che viene invitato da un amico sotto all'ombrellone già occupato da una rodata comitiva, la quale inizia a parlare in gergo, con modi di dire, risatine, ammiccamenti, cenni onomatopeici. Cerchi il tuo amico, ma è scomparso. Ti controlli le unghie, ma non le hai mai avute così a posto. Poi provi a prendere il cellulare, ma non c'è campo. Ecco, proprio così. Mi sento come la logopedista di Filippo Timi.

Ad un corso di formazione, l'altro giorno, una docente sosteneva che la crisi è un falso problema. Lo dimostrano i negozi stracolmi e le slot sempre occupate. Ma soprattutto le sue Hogan. Credo invece che la situazione non sia per nulla facile, ed i tempi grami sviluppino nell'italiano una fantasia senza pari. Una fnai. Siamo un popolo  di creativi, non c'è dubbio.
Leggiamo cosa hanno fatto i nostri connazionali, ultimamente, per sbarcare il lunario.

Hanno rubato liquori e generi alimentari per un battesimo. L'acqua spero ce l'abbia messa il prete. (
silvi marina)

Hanno rubato tombini. Quelli tornano sempre utili quando non sai cosa regalare a Natale. (colleferro)

Hanno rubato la serratura di una porta. Quando il mezzo diventa fine. (cagliari)

Hanno rubato due biciclette per andare in discoteca. Che è un'aggravante.  (terni)
 
Hanno rubato binari. Attaccàti ad una catenina fanno la loro figura. (licata)

Hanno rubato dei coniglietti, ma non la tartaruga. Che strano. (brescia)

Hanno rubato 200 tartarughe. Ecco. (siracusa)


Questo è quello che succede altrove.

Negli ultimi tempi, mentre la nazione affonda come un bolo di leguminose e monk's nell'esofago di un magnaccia vegano, io ho avuto un gran daffare con questioni "altre", che hanno riguardato il futuro di esseri viventi. Così la voce di Mentana, lo strombazzare dei clacson la notte delle dimissioni, la blogroll, il ridacchiare del popolo pro divenuto anti, gli scompensi cardiaci, il fiorellume televisivo, hanno fatto da distratta colonna sonora alla mia vita, e non ci ho fatto caso. C'era dell'altro. E posso dire di andare orgoglioso di quello che ho fatto. È stato un periodo molto intenso, e non è ancora finito. Poi, come in tutte le epopee, anche qui c'è stata una piccola macchia, lo confesso. Faccio coming out. Era una serata umida. Uscivo dalla libreria. Non me l'aspettavo. L'ho visto da lontano. Ho riso. Poi non ho resistito e gli ho chiesto un autografo. Lui ha estratto la sua Montblanc da quattromilaeuro e mi ha fatto una dedica. L'ho letta e mi sono chiesto: "Perchè?". Se siete forti di stomaco, accomodatevi.

sabato 19 novembre 2011

Di Aders



Fiero. Orgoglioso di me stesso. Soprattutto comodo. Comodo e sfamato. Occidentale a tutto tondo. Davanti alla tastiera, miope. Non la tastiera. Io. Tronfio batto tasti, poi controllo la mia posta, poi torno ai tasti, alle parole, aggettivi, verbi da coniugare, sinonimi di sinonimi da trovare, stupire, annoiare, infastidire. Le idee meravigliose della sera, appunti indeformabili che diventano carta straccia del mattino. Sorprendenti come un film di rete 4.
Pensi di essere oltre. Non sai che in ogni punto di questo strafottente pianeta c’è qualcuno che fa qualcosa e non gliene frega una mazza di te. Gli altri.
Eccolo, uno sta innaffiando il prato. A duecento metri una quindicenne ha appena aspirato una serie di particelle di amianto. Mille chilometri a nord una suora sta facendo l’amore come non ha mai sognato di fare. Nello stesso istante a Caracas un uomo di 65 anni sta rapinando un negozio che il giorno dopo avrebbe chiuso per fallimento. A Frisco due sposini stanno ordinando un hot dog. Nella kamchatka, bambini che giocano a baseball con la carcassa di un gatto. Sul mio stesso pianerottolo una donna litiga al telefono col suo uomo. A San Paolo un pompiere depresso sta prendendo in braccio una bambina, tra le fiamme di un asilo.
Scene di codardia, disillusione, affetto, indifferenza, scorrono contemporaneamente nello stesso istante in cui sto scribacchiando qualcosa sul mio insulso computer. Credendomi chissà chi. Qualcuno dimostra di non essere nessuno, un altro è , invece, la quintessenza del coraggio.
Quanto coraggio hai avuto, fin d’ora? Poco. E le poche occasioni le hai dimenticate quasi tutte.
Non sono in grado di raccontarle senza esagerare nei particolari, e monterei storie che non avrebbero né capo né coda, tanto sbiadito è il ricordo. Uno, però, c’è ancora.
Ero da troppi minuti alla cassa aspettando che il barista mi chiedesse cosa volevo. “Quel” barista era un cinquantenne, ingrassato e impresentabile, che sfoggiava una celtica sul collo e lo slogan “Memento Audere Sempre” sull’avambraccio. Si, scritto così. Sempre, non semper. Una gara d’imbecillità tra lui e il tatuatore. Vinta, per un soffio, da lui. Probabilmente mi avrebbe volentieri preso a schiaffi, facendo sbattere la mia testa da fricchettone contro il frigo dei gelati. E così non si avvicinava alla cassa, quasi gli facessero schifo i miei spiccioli per Diana Blu e Vigorsol. Continuava a servire derelitti diagonali al bancone, lanciandomi un paio di occhiate di disprezzo. Erano passati 20 minuti, o forse erano solo pochi secondi. Gonfiava il petto e scuoteva la testa, svuotando un campari per metà fuori bicchiere. Allora poggiai la mia tracolla sull’avancassa. In piena trance, pervaso dall’adrenalina. Mantenni il sangue freddo. Lo vidi chinarsi per prendere qualcosa dal basso. Mi dava le spalle. La tracolla andò a coprire il portaresto in plastica trasparente che ospitava alcuni accendini in bella mostra. Alla destra di quell’aggeggio kitsch, un mazzo di chiavi, con l’etichetta “ingresso bar”. Un lembo della borsa lo coprì. Gesti rapidi, post adolescenziali, quando si ragiona sulle possibili conseguenze di un gesto un attimo dopo averlo fatto. Presi il mazzo di chiavi, che scivolò nella borsa, e uscii da quel posto denso di tanfo e nazionalismo. Quelle chiavi giacciono, ancor oggi, sul fondo del lurido fiume che attraversa la mia città.
Andando a dormire, quella notte, non sapevo cosa stesse succedendo a Lodz, a San Teodoro, a Kahnaur. Sapevo però, e questo mi faceva stare bene, che un ignobile barista stava cercando di ricordare dove avesse messo le chiavi del suo bar di merda.

sabato 12 novembre 2011

La chiarezza nella coppia e altre cause del default

Cosa fanno i tedeschi mentre affondiamo? Allevano animali da fattoria

Non c’è niente di peggio di una fila scomposta di persone infreddolite, in attesa di fare lo scontrino per un misero piatto di carne cotta e pane stantio scaldato. Ma pare andasse fatto a tutti i costi. Il paese, arroccato sulle montagne, ospitava una manifestazione che sarebbe stata dimenticata di lì a 2 giorni. Qualche coverband, artigianato locale e etnico. Ma tutti, e dico tutti, avevano deciso di farvi visita. Perché un sabato di novembre non è tale, se non aspetti il tuo turno per un’ora e mezza tra Refrigiwear e cappellini peruviani. Una persona che conobbi nel millennio passato era bravissima a saltare le file. Si incuneava di lato. A un tratto spariva. Rimaterializzava la sua sagoma a un metro dalla cassa. Si mimetizzava con l’ossigeno. In 5 minuti risolveva file di 40 metri. Ecco perché ci odiano i tedeschi, oggi. Non è per lo spread, i sovrapprezzi in riviera e Badoglio. È perché noi saltiamo le file. Non le sopportiamo. Abbiamo un‘andatura a imbuto al contrario. Pochi dietro – massa informe avanti. 

Dicevo. Freddo pungente. Fame. Telefoni che non prendono. Macho macho men in loop. Un quadretto da ultimi giorni di Pompei. Cosa poteva darmi il colpo di grazia? Due, dietro di me. Lei, fuoricorso di psicologia. Lui, fuoricorso a tutto tondo.

“Io sono ancora scossa per quella battuta tua, che mi hai fatto a luglio”
“Quale battuta?”
“Quella lì. Non mi sono ripresa.”
“Ma che ho detto?”
“Ora fai finta di averlo dimenticato. Comodo, così”
“Ma è una cosa che ti ha offeso? Perché non ricordo nulla.”
“No. Mi hai detto una cosa che credevi tranquilla, ma io mi sono sentita molto ferita”
“E ricordamela”
“Molto ferita. Non me l’aspettavo, da te”
“Ma riguardava il tuo aspetto?”
“Molto ferita. Scossa, ecco la parola. Molto scossa”
“Dammi qualche indizio”
“Una cosa che mi hai detto. Io poi mi sono allontanata. Ero scossa”
“Si, ho capito che eri scossa. Ma riguardava cosa?”
“Ci ho pensato tutti ‘sti mesi. Sei stato indelicato”
“Mi dici, all’incirca, l’argomento? Forse ero ubriaco”
“Molto scossa”
“Relativa ad un tuo modo di fare?”
“Allucinante. Una battuta allucinante, guarda.”
“Ok, ma l’argomento?”
“Non puoi sapere quanto c’ho sofferto”
“E no, che non lo so. Non ci vediamo da luglio. Non ne ho idea”
“Il tuo subconscio ha voluto rimuovere. Ma intanto me l’hai detta”
“Ci ho provato con te? Ti ho messo le mani addosso? Sono stato volgare?”
“Peggio”
“E?”
“E sono rimasta molto scossa”
“Posso rimediare?”
“……………….”
“Se non mi dici nulla, come faccio a ricordare?”
“……………….”
“Vabbè, resta zitta e non parlare.”
“Rimasta scossa. Una battuta allucinante”
“Se ti ho offeso, mi dispiace. Anche se non so cosa possa aver detto, ti chiedo scusa. D’accordo?”
“D’accordo”
“Bene. Certo che la fila è lunga qui”
“Mi hai ferito molto quel giorno. È stata una frase molto brutta.”

A questo punto avrei potuto prenderli a gomitate. Il giudice mi avrebbe dato ragione. Ho preferito sfondare centralmente la fila. Dovevo andare via da lì. C’è stato del panico, per qualche istante, qualcuno è caduto. Una donna del luogo in età avanzata mi ha rivolto contro epiteti ingiuriosi in dialetto. Ma io, no. Non sono rimasto scosso per niente.

sabato 5 novembre 2011

Le cose che non ti ho detto.





Lo sapevi?
In base al d.lgs. 96/2001 se consegui il titolo di abogado in Spagna, puoi richiedere il riconoscimento del titolo di “Avvocato stabilito” in Italia.
No, non lo sapevo.

Se è per questo, non sapevo neanche la differenza tra una biella e una forcella.

Sono tra quelli che le strisce pedonali non le schiacciano con le gomme della macchina. Lo confesso.
Non riesco a smettere di toccarmi il naso.
Penso che peggio della pubblicità in radio ci sia solo la puzza di sudore.
Intervallata dalla pubblicità in radio.
Ci sono i miracolati. Poi ci sono gli inspiegabili. Infine i miracolati inspiegabili. Poi c'è Carlo Conti.
Trovo le farmaciste più affascinanti delle modelle.
Non ho mai assaggiato una caramella Zigulì. Penso che le Pringles non contengano alcuna sostanza naturale.
Mi risulta irragionevole il prezzo dei tartufi.
Mi piacerebbe conoscere il personaggio che ha inventato il tasto “ins” sulle tastiere e chiedergli perchè lo ha messo nei pressi del “canc”.
Non so tuffarmi.
Alle volte scrivo cose che credo straordinarie. A cui affianco delle cagate.
Le prime non le legge nessuno. Evidentemente non sono così straordinarie.
Vorrei vendere polipi.
Ogni fine d'anno metto giù dei buoni propositi.
Per il 2011 erano:
  1. imparare a pattinare
  2. andare a lavoro vestito da gene simmons
  3. recitare alla fermata dell'autobus il monologo di Monty Brogan
  4. non dare strada ai suv

I punti 1-2-3 aspettano. Niente pattini in linea, per ora, né lingua lunga. L'autobus non lo prendo da tempo. Ma sfido qualunque Jeep, biemmevvù X9, audiccù, guidate da mamme convulse barra microdotati prestanome a chiedermi di immettersi nella mia corsia. Faccio pressappoco così